Camminare non è il mezzo per raggiungere un luogo. Quello semmai possiamo chiamarlo, più prosaicamente, spostarsi. Camminare è piuttosto attraversare mille luoghi diversi e, ad ogni passo che si compie, essere raggiunto da quei luoghi e dalle persone che incontri.
Questa è anche la lettura suggerita da un piccolo libro di Paolo Rumiz. “A Piedi” è il racconto di una traversata, da nord a sud, della penisola istriana. E’ un racconto dedicato ai più giovani e, in effetti, il registro linguistico è pensato per parlare ai ragazzi. Tuttavia questo breve racconto di viaggio può interessare “camminatori” di ogni età.
Devo ammettere che, mentre sfogliavo queste pagine, mi è venuta la tentazione di partire per l’Istria. Volevo scoprire i luoghi e conoscere i personaggi descritti in quelle paginette. Poi ho capito: questo viaggio di Paolo Rumiz non è più speciale di altri. Quello che conta non è il luogo ma il “come lo attraversi”, un viaggio non è speciale se il viaggiatore non è capace di stupirsi e meravigliarsi. Da questo punto di vista allora il “camminare”, per usare le parole dell’autore, diventa un “portare a spasso il bambino che è in me”.
Ma io non saprei trovare parole migliori di quelle di Rumiz, quindi lascio che sia lui a parlare:
Così ho dovuto fare quello che mi aveva detto anni prima il vignettista Francesco Altan al momento di partire con me per una grande traversata in bicicletta verso Istanbul.
Dovevo – ripeto le sue parole – “portare a spasso il bambino che è in me”. Significava che dovevo cercare di vedere il mondo con lo stesso occhio incantato di quando avevo dieci anni, leggevo i diari di bordo di Cristoforo Colombo o le avventure di Magellano dalle parti di Capo Horn, seguendone minuziosamente il tragitto su un vecchio atlante Zanichelli. Arrendersi allo stupore è la chiave di tutto. Il viaggio non è fatto per quelli che hanno smesso di meravigliarsi della vita.